domenica 1 maggio 2011

Trofeo Mezzalama

Il mio 4° Mezzalama

Cervinia, ore 3 e 20, Mauro mi scuote. Nel buio del primo maggio alle 5.44, rubando un minuto al cronometro, sono scattati gli atleti professionisti, dopo poco la scossa si è trasmessa anche alle retrovie e con un ritmo troppo alto abbiamo sgomitato sulla prima rampa.
Un esercito, 1200 iscritti da 22 nazioni! Troppi anche per le ampie piste di Cervinia. Insensati per i ghiacciai e le pareti ghiacciate a venire.
Il solito vento freddo e cattivo ci aggredisce sui 3000 metri benché il meteorologo avesse garantito vento assente.
Coprirsi senza perdere il ritmo di gara aggiunge fatica.
Siamo in ritardo di un paio di minuti sul primo riferimento, ci pensa Mauro che sulla salita durissima che porta al rifugio guide del Cervino tira con convinzione. Passiamo il primo cancello orario sul Plateau Rosa a quota 3800 dopo 1800 metri di dislivello. Nei ventosi meno 18 non troviamo Bruno che ci aspettava con le borracce piene. Moreno spunta dal nulla, ci incita e ci aiuta a togliere le pelli e ad allacciare la giacca a vento.
Entriamo sui ghiacciai, discesa, salita, qualche squadra ritirata scende, un concorrente insaccato in una coperta attende l’elicottero, arriviamo sui 3900 all’ombra del Castore, almeno 40 minuti di attesa ramponi ai piedi e sci in spalla nel gelo: la coda per salire sulla ripida parete e poi sulla cresta sino alla vetta a 4226. Lo spettacolo unico ripaga l’attesa. Discesa, con qualche scivolata, verso il ghiacciaio del Felik, calzati gli sci la solita pena di non riuscire a sciare legati con la corda.
Passiamo il secondo cancello orario per poco. I nostri alimenti sono finiti e pure al punto di assistenza, le energie sono al lumicino, un concorrente mi regala una mezza barretta, un intruglio giallo lo prendo dalla neve …. La traversata verso il Naso del Lyskamm è lenta e silenziosa, accostiamo per far passare una squadra di donne, passiamo squadre ferme in crisi.
Alla base del Naso beviamo in abbondanza poi, ancora, coda ferma per almeno 40 minuti, il sole ci scalda ma pure i ghiacci e le rocce aggettanti che minacciano la folla di atleti.
Infine scaliamo l’ultima vetta e ancora senti di essere in cima al mondo. Un saluto e un grazie alle guide sulla vetta e poi si scende verso Gressoney: una parete ripida con i ramponi poi si tenta di sciare legati, per fortuna per un tratto non lungo, e da 3.500 si scia liberi. La discesa è lunghissima e le gambe chiedono più ossigeno di quello che ricevono. La neve scarseggia, togli, cammina, rimetti, altri 100 metri, poi scompare del tutto e uno o due chilometri si fanno a piedi.
Il traguardo, la foto, la doccia fredda, il fisico ti dice che è vuoto, fame impellente.
Sul pullman che ti riporta a Cervinia ringrazi l’inventore della poltrona e ti assopisci.

Andrea Noseda


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